Dal 15 Luglio saremo a Bossolasco col le nostre valigie!
La valigia
Già arrivarci era un'avventura, per la bambina.
Bisognava sfuggire al controllo della mamma e della nonna, salire le scale del piano di sopra, spostare lo specchio (per lei pesantissimo) che copriva la porta segreta, girare l'enorme, vecchia chiave, ed ecco la scala che portava nella soffitta.
E salirla, quella scala, non era semplice, era una scala come mai ne aveva viste, doppia, un gradino di qua e uno di là, di legno vecchio e scricchiolante. Poi il bivio, a sinistra la stanzetta con l'abbaino, da cui non vedeva altro che una distesa infinita di prati e campi di meliga, a destra l'enorme buio sottotetto, in cui dovevi camminare curva e aguzzare la vista, che poi, nella penombra si abituava e distingueva un sacco di forme curiose, oggetti sconosciuti e interessanti.
A tratti, un raggio di luce filtrava dalle tegole e colpiva un baule, una valigia. E di valige ce n'erano tante , che nel tempo la bambina imparò a conoscere. Ci fu (e fu un pomeriggio meraviglioso) la scoperta del baule con la bambola di porcellana ed il suo corredo, una bambola ricca che aveva orecchini, parrucche , stivaletti e ventagli.
Ci furono le cappelliere, piene di tesori, e la valigetta del picnic, più recente, coi piatti di stagno ed i portauova, pure di stagno . Ci fu la valigia più snella con tutto per la toeletta del viaggiatore raffinato, con le lamette da barba, ma anche i contenitori d'argento e cristallo per il profumo e la cipria (c'era ancora) per la viaggiatrice .
E poi c'era quella con le etichette degli alberghi, come allora si usava, che forse era del prozio- i nonni avevano viaggiato poco - alberghi di località allora esotiche , che sapevano di sigarette speziate e cappelli di paglia e vestiti bianchi...
Quella valigia doveva scendere dal sottotetto e, anni dopo, andava dipinta, arricchita e doveva , nella fantasia , arrivare con Ilsa a Casablanca.